Come nascono le schede storiche sui giocattoli vintage

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Generalmente, alle domande: “quale sia la finalità di questo progetto” e “dove trovo il tempo per portarlo avanti”, rispondo in modo semplice e diretto: “adoro i giocattoli vintage e il progetto Giocattoli per Passione è il mio modo di restituire dignità culturale agli oggetti che mi hanno cresciuto e accompagnato durante la mia infanzia”.

Il tempo lo trovo togliendolo al superfluo, tra serate, weekend e pause rubate al sonno, ma chiariamoci: non tutti i giocattoli che tratto li avevo da bambino. 

Quando posso cerco di acquisirli tramite donazioni o veri e propri acquisti. Toccandoli si percepisce immediatamente cosa rappresentano davvero: le meccaniche interne, la qualità dei materiali, le soluzioni ingegnose e i limiti produttivi del tempo sono un libro da sfogliare. E in certi casi da riparare o restaurare.

È un passaggio decisivo anche per comprendere l’esperienza d’uso: montarlo, giocarci, osservare come reagisce chi lo prova oggi, permette di collegare la memoria infantile alla lettura critica di un oggetto del passato. Non c’è niente di più rivelatore del “suono” di un meccanismo, dell’odore della plastica o del cartoncino, del bordo di una fustella o della grafica retrò della scatola vista dal vivo.

Il dettaglio che accende la storia

Ogni scheda è un piccolo viaggio nel tempo che comincia da una ricerca paziente sulle fonti primarie come le riviste specializzate, i quotidiani dell’epoca, i cataloghi ufficiali e i vari materiali commerciali originali. Quando capita, anche attraverso contatti diretti con i protagonisti. Subito dopo si passa alla validazione incrociata con ciò che si trova online. Le ricerche sul web ricoprono in effetti un ruolo importante, ma valgono davvero solo quando sono sostenute da riscontri oggettivi “offline”, perché l’affidabilità si costruisce incrociando documenti, date e testimonianze verificabili.

Ogni scheda riporta in modo chiaro solo informazioni verificate e segnala quando esistono ipotesi plausibili ma non ancora confermate. Quando emergono dubbi, torno indietro a controllare e nel caso correggo. Capita diverse volte. L’obiettivo non è “avere ragione” ma costruire un racconto solido e il più affidabile possibile.

Tutto ciò rappresenta un patto con i lettori: ciò che leggete è stato cercato, confrontato e, se serve, aggiornato. E non c’è IA che tenga: tutto è supervisionato e approfondito riga per riga.

Giocattoli per Passione: un progetto, una comunità

Dopo l’identificazione puntuale del prodotto da raccontare, e trovate le fonti, vado generalmente a caccia di un punto di vista unico come un aneddoto, una scelta progettuale controcorrente, un cambio di packaging, una variante rara, il racconto di un designer o di un operaio di reparto, un episodio di marketing dimenticato. Attraverso il racconto di quel dettaglio provo a dare senso alla narrazione per trasformare una scheda storica in una storia da leggere, ricordare e condividere. Non tutti gli oggetti hanno qualcosa di caratteristico, ma quando lo trovo scopro come certe persone fossero davvero degli innovatori e precursori di mode o modi di lavorare che solo oggi rappresentano la normalità.

Cito spesso come esempio il caso del Subbuteo, prodotto sulla base di preordini (una sorta di crowdfunding ante litteram anche se applicato in un modo non proprio ufficiale), oppure della fiorentina MUPI, azienda per la quale ho un debole personale, divenuta la più grande realtà europea nella distribuzione di pellicole Super 8 e “precursora” dell’idea del “guardo quando voglio”, concetto che avrebbe poi trovato piena espressione con i videoregistratori VHS.

Amo raccontare gli oggetti, ma soprattutto chi li ha pensati, disegnati, assemblati e portati nei negozi. Cerco sempre una dimensione umana, lontana dal mero elenco di caratteristiche: la storia dei giocattoli è soprattutto storie di lavoro, di creatività, di piccole e grandi decisioni industriali.

Questo è l’approccio di Giocattoli per Passione. Spero possiate trovare in queste storie il valore di oggetti che ci hanno accompagnato, intrattenuto, divertito, sostenuto nelle piccole e grandi difficoltà e, soprattutto, fatto sognare durante la nostra infanzia.

Dare voce a un giocattolo significa restituirgli anche dignità culturale: non è solo nostalgia ma memoria condivisa e patrimonio popolare. Se questo modo di raccontare vi piace, siete nel posto giusto: qui i giocattoli tornano a parlare, con i toni giusti, le mani sporche di colla e stagno, e la curiosità di chi non smette mai di farsi domande e sognare.

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