Della ditta Baravelli Giocattoli di Bologna non si trova molto in rete. Sappiamo però che, terminata la Seconda Guerra Mondiale, Luciano Baravelli si occupava di giocattoli soprattutto in legno e latta.
In quegli anni, caratterizzati dalla necessità di ripartire, Baravelli si convince che era giunto il momento di cambiare: anche i giocattoli necessitavano di una rivisitazione, di un rilancio, di un ammodernamento per tornare ad interessare le nuove generazione di bambini oramai stanchi dei soliti grandi classici.
Certamente l’estero è una grande fonte di idee e informazioni: prime fermate in Germania e Inghilterra, tappe certamente obbligate, per poi volare negli Stati Uniti e quindi in Giappone. Se in Inghilterra scopre la plastica come materiale per produrre giocattoli, oltre oceano intuisce come la qualità – sia a livello produttivo sia nella ricerca dei dettagli – possa risultare vincente in un mercato, quello nostrano, ancora acerbo.
Questa intuizione, e la ricerca continua di novità, caratterizzerà negli anni la Baravelli Giocattoli: ogni anno corrispondeva ad un nuovo gioco da importare e da lanciare sul mercato cercando così di anticipare i tempi e le mode. Famoso il claim “Il giocattolo del mese!” che accompagnava le pubblicità.
I primi giocattoli distribuiti sono dei goffi ma divertenti gonfiabili “sempreinpiedi” riproducenti gli eroi della Marvel. Successivamente lancia dei veicoli meccanici caratterizzati da suoni e luci, capaci di evitare ostacoli. Sono proprio quei giocattoli elettronici che in quegli anni, vista la contemporanea corsa verso la Luna e quel grande desiderio di immaginare il futuro, vengono molto richiesti dai bambini.
Ma la grande svolta arriva dalla seconda metà degli anni Sessanta quando, ancora un’intuizione, inizia a commercializzare dei “pupazzi” capaci di movimento e quindi di assumere posizioni e atteggiamenti estremamente realistici. Sono le action figures, come le chiamiamo oggi. La bambola “Tammy”, corredata di vestiti per ogni occasione e supportata da una storia famigliare che la rendeva reale agli occhi dei bambini (una tecnica narrativa e soprattutto promozionale che rivedremo nella Barbie), l’Amico Jackson, riedizione dell’originale Action Jackson della omonima serie tv con vari accessori e costumi, ma soprattutto i primi soldati “Joe” (GI Joe, distribuiti prima di passare alla Polistil) che, a differenza dei classici soldatini caratterizzati da pose plastiche spesso goffe che comunque vendeva, era possibile posizionarli liberamente in atteggiamenti più accattivanti. Ma non solo, successivamente l’azienda importa la linea della serie western Bonanza e tantissimi personaggi Disney, DC Comics e Hanna-Barbera, molti di questi oggi rari e quindi merce rara per i collezionisti. Di questi prodotti diventa leader di mercato.
Merita una citazione particolare la Computer Car, versione “italiana” della Computacar della Mettoy, pubblicizzata come “L’auto con il cervello” o “L’?’auto con programma”: la macchina veniva comandata da alcune scede in cartone che, sapientemente ritagliate sui lati più lunghi, agiva su delle leve interne che guidavano il mezzo seguendo così percorsi sempre diversi.
In pratica, in breve tempo, la Baravelli Giocattoli (pubblicizzata anche con il marchio ToyService) diventa una grandissima impresa di import su licenza: non a caso nel catalogo, dove in copertina appare in bella vista “Giocattoli da tutto il mondo”, si potevano trovare i mitici “tacca e stacca” prodotti dalla francese Letraset, i mezzi Matchbox, diversi giochi in scatola (es. Othello) e gli “orologi” giocattolo dell’agente 007. Da citare il gioco del tennis con testimonial il nostro Adriano Panatta come diversi prodotti Bandai-Popy.
Negli anni l’azienda cresce fino ad arrivare ad occupare, in località Zola Predosa, un centro di 16.000 metri quadrarti, tanto avanzato tecnologicamente da vantare un magazzino automatizzato. Da “semplice” importatore, l’azienda inizia a ricercare nuove idee e a progettare nuovi prodotti. Ma non solo: lancia diverse iniziative a supporto dei rivenditori e del pubblico da fare impallidire anche i marketing manager di oggi.
Attiva un tempestivo servizio di assistenza post vendita con un efficiente servizio di riparazione. Non solo, viste le tante novità lanciate periodicamente, supporta i negozianti con importanti attività di marketing sia a livello informativo sia di supporto alle vendite tramite pubblicità, locandine, espositori e cartelli vetrina. Le scatole vengono personalizzate con grafiche accattivanti – riproducenti caratteristiche ambientazioni – con lo scopo di agevolare le vendite.
Realizza anche l’house organ informativo “Toys Selection” dove i giocattoli non venivano solo descritti ma anche spiegati nei dettagli. Addirittura al negoziante veniva stampata la propria ragione sociale sulla copertina.
Ulteriore intuizione è la realizzazione del catalogo “ToyService” (questo marchio appare anche sui prodotti) che permetteva ai ragazzi di scegliere il gioco preferito sgravando così l’impegno ai grandi sempre indecisi su gusti e interessi (grande intuizione). Uno di questi cataloghi, un pieghevole a fisarmonica di circa 16 pagine, venne distribuito in un milione e mezzo di copie allegato a “Topolino”, concorrendo ad aumentare enormemente il numero degli ordini.
Se “Toys Selection” diventerà in seguito una rivista dal nome “Disco Volante” – dando anche vita al “Club dei Giovanissimi” del quale diventerà organo ufficiale – Baravelli sfrutterà tutti i canali di comunicazione, dalla tv alla radio passando dalla carta stampata, per arrivare ai “suoi clienti”, mettendosi sempre in gioco in prima persona. Anche in questo Baravelli voleva fare la differenza, riuscendoci.